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lunedì 26 marzo 2012

La musica e la cura

Immagine postata il 25 marzo 2012
da Marco Mengoni sulla sua pagina FB






L’immagine di un protools,
la comunicazione
di un’assenza “per motivi
di lavoro”, ed ecco
che il cuore dei fans
inizia a battere più forte.

 



C’è odore di concerti che inzia a farsi strada fino alle nostre valigie, fino alle tasche interne degli zaini, quelle in cui conserviamo i biglietti che servono per accedere alle platee che applaudiranno, dal 19 aprile in poi, Marco Mengoni in versione Tour Teatrale.

Il suo primo tour teatrale. Che inzia lì dove molti grandi nomi dell’Arte italiana hanno avuto la loro proclamazione. E visto il nome di tutti gli altri teatri che lo ospiteranno, si comprende benissimo la sua necessità di allontanarsi da ogni distrazione per concentrarsi al 100% su questa prima parte di tournée.

Arcimboldi, Politeama Genovese, Metropolitan, Mario Apollonio, Rossini, Politeama Garibaldi, Filarmonico, Civico, Nuovo, Lyric, Gran Teatro… Nomi che fanno “stile” di per sé, ché i teatri classici (come questi) sono davvero molto accorti nello stilare i cartelloni, e di solito la musica più frizzante ammessa è l’allegro andante di certe partiture classiche. Eppure, ora aprono platea e palchi alla musica “leggera” di un giovanissimo che si presenta con tutta la sua energia e freschezza.
Sì, certo, ci sono anche i palazzetti con i loro parterre infiniti (Rimini, Udine, Brescia…) così da permettere a tutti di scoprire – o di sentire ancora una volta – l’immensa forza comunicativa di questo “magico” artista delle corde vocali.

Perchè Mengoni (e non ci stancheremo mai di dirlo) è magico. Lui arriva, e il mondo attorno si illumina. O meglio, diventa più limpido, netto, pulito da ogni bruttura e “monnezza” cui siamo tanto abituati da non farci più caso, quando c'è. Ma quando poi di punto in bianco l'immondizia non c'è più... Ecco che il respiro è piacevole, il sorriso torna, e lo sguardo è più luminoso e vivo. Sì, pulizia. Magari non candore, ma certo un senso di schiettezza che ci spinge ad essere sinceri l'uno con l'altro. Da qui, la nascita di mille e mille amicizie che si rincorrono da ogni parte d'Italia.

L'amicizia è una cosa strana. Mette radici anche a migliaia di chilometri di distanza, e può non attecchire con le persone più vicine... È la cura che fa la differenza. Marco Mengoni lo sentiamo “amico”, eppure lui è lontano, magari chiuso in una sala di registrazione davanti al protools a montare e smontare suoni e livelli per costruire l'emozione che vuole regalarci. Ed è un lavoro che si fa con cura, con cura attenta e minuziosa, ché non è possibile fare sconti a quello che il cuore vuole donare. Saremo anche facce sconosciute, massa indistinta di capelli e braccia alzate, ma è certo che siamo tutti, nessuno escluso, lì, dietro lo schermo luminoso di un aggeggio elettronico. 
 
È al suo pubblico che l'artista guarda quando crea. È la speranza di scatenare l'applauso più caloroso che ci sia a dargli la forza di stare lì, su quelle tracce sottili per ore ed ore. Noi questo lo sappiamo. E sappiamo che questa è l'unica forza che muove davvero il mondo. “Se io so parlare le lingue degli uomini e degli angeli, ma non posseggo l’amore, sono come una campana che sbatte (…) Chi ama è paziente e premuroso. Chi ama non è geloso, non si vanta, non si gonfia di orgoglio (...)”. Quante volte abbiamo visto Marco fermarsi ad ascoltare stupito la Musica? Quante volte lo abbiamo visto guardare il suo pubblico con quel suo sorriso limpido di sorpresa e di gioia?

La sua musica, quella che ci regala ogni volta che canta, sta nascendo adesso, davanti a quel protools, con il pensiero del nostro affetto e con tutta la sua emozione proprio lì, a legare una nota con l'altra. 
Dal canto nostro, lo aspettiamo con la speranza che ancora una volta si ricrei la magia di sentire tutta la passione e l'energia con cui il suo canto ci rigenera.

3 commenti:

  1. Cari amici,
    per quanto sia profonda la gratitudine e l'amore verso quel vero " talismano della felicità" che è Marco, tuttavia credo che quando ci di dispone a comporre qualsiasi cosa, fosse pure un mazzo di fiori per il centrotavola, più che gratificare chi ci ama, in realtà si stia inseguendo un'idea, un suono, un pensiero che tende pervicacemente a sfuggirci: insomma è una lotta a fermare qualche cosa che è evanescente, Marco parla di " ectoplasma" credo riferendosi anche a questo...in questa lotta con l'idea , che c'è ma non c'è pienamente, il pensiero di chi amiamo è molto lontano , è sullo sfondo, fa tutt'uno con noi ma non è quello che ci determina a creare... :))

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    1. Grazie per il bellissimo spunto di discussione, cui non ci sottraiamo, ma - al contrario - ci piace molto partecipare!
      Sì, è chiaro che nel momento in cui si inizia a creare qualcosa che sia anche lontanamente arte (persino apparecchiare la tavola può esserlo) si è concentrati solo "dentro di sé", cercando di visualizzare con chiarezza (il che è quasi impossibile) quel che si vuole realizzare. La domanda che ci si pone è "perché". Per una personale soddisfazione, certo. Ma è possibile che alla base, dietro ogni evanescenza e pensiero, ci sia anche l'irrazionale voglia di donare una forte emozione, se non altro per averla restituita amplificata millemila volte da un pubblico entusiasta? Da qui (crediamo - mai provato sulla nostra pelle, quindi difficile da immaginare), l'identificazione di una necessità intima con l'affetto generato da questo scambio... In fondo, è proprio questo rapporto che tiene in equilibrio le relazioni umane...

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    2. Se si trattasse di un'opera visuale o di un testo potrei essere d'accordo con te Miskin, ma penso che parlando di musica ed in particolare di un artista performer straordinario come Marco, non si possa separare la creazione come atto astratto dal momento della sua realizzazione sul palco. Certamente un'idea, ma un'idea che prende senso e corpo di fronte ad un pubblico, sempre diversa sera dopo sera.

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