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lunedì 21 dicembre 2015

La quadratura del Circolo


di M LaMarghe Laurenti

In una delle sue prime interviste, alla domanda su quale dei due Beatles lo ispirasse maggiormente Marco Mengoni rispose, con un sorriso dei suoi: «Tutti si aspettano che io dica John Lennon, ma io dico Paul Mc Cartney». Una dichiarazione che conteneva già una bella dose di insofferenza nei confronti dell'ampia schiera di etichettatori che lo attendeva al varco. 

Marco Mengoni nel corso dell'intervista rilasciata a Radio Italia

Permettersi il diritto di scegliere, di sperimentare, ma anche darsi la libertà di divertire e coinvolgere un pubblico vasto quanto il mondo, questo era il futuro artistico che sognava Marco allora e che oggi, con l'uscita del suo ultimo album, può sentire saldo nelle sue mani. 

La seconda parte del progetto che lo ha impegnato nell'ultimo anno, iniziato con #ParoleInCircolo e concluso con #LeCoseCheNonHo, non delimita, in realtà, un arco di tempo. È una raccolta di momenti di vita tradotti in musica che non ha un inizio ed una fine ben precisi, così come non ha limiti la vena creativa di un artista. 
Ascoltando in sequenza i due album si avverte, però, una focalizzazione sempre più netta delle soluzioni musicali, quasi un estremizzarsi - nel secondo disco - delle proposte offerte dal primo. 

Non deve stupire di trovare una maggiore presenza autorale di Mengoni non solo nei testi o nelle melodie, ma in quasi tutti gli arrangiamenti e le elaborazioni elettroniche. L'eclettico artista cresce insieme alla sua opera: corregge qualche ingenuità interpretativa, coltiva la sua portentosa vena ritmica, si diverte ad impiantare una canzone “semplice” - voce e chitarra o voce e piano – per poi allargarne quasi all'infinito le dimensioni con una rincorsa di fiati e mille piccole pennellate vocali. 

E dato che pensare i due lavori in successione temporale sarebbe un limite (e quindi fuori dall'ottica mengoniana) è nel secondo che troviamo Parole in circolo, il brano che dà il titolo alla prima playlist e all'intero progetto, il suo “manifesto”, come lo chiama lo stesso Marco. 

In un oceano di suggestioni musicali in cui l'artista ha nuotato sin da piccolo (e che ha raccontato in modo affettuoso e geniale durante il suo ultimo tour), le parole, le sue parole, quelle da scrivere e a cui legare la musica sembravano inizialmente delle isole dall'attracco un po' difficile. Non sono bestie facili da domare, le parole, e poi con certi ritmi, soprattutto quelli più sciolti e divertenti, diventano quasi scogli da evitare. 
Il mondo del musicista è liquido, continuo, dove una cosa si innesta nell'altra in modo naturale. È illimitato perchè si possono sovrapporre suoni all'infinito per creare l'effetto voluto. Quello del paroliere è molto più rigido, schematico, anche facendo ricorso alla poesia. Esprimere un'idea all'interno di un certo numero di battute non è facile: mentre la musica corre libera, le parole hanno bisogno di scarpe. 

Marco sta trovando la sua maniera di navigare usando come bussola il suo strumento personale: la voce
La usa in modo sempre più consapevole, donando al testo una vitalità musicale sempre più spiccata, sincopando come solo un'anima jazz può fare, fraseggiando diversamente in ogni brano e creando dei vuoti improvvisi tra una parola e l'altra che rendono più prezioso il seguito dell'ascolto. 

#LeCoseCheNonHo è vario, ricco, pieno di sorprese eppure scorrevole come era #ParoleInCircolo, in cui prevaleva la morbidezza vocale e l'omogeneità della tessitura strumentale. In questa seconda parte gli sfondi si avvicinano ed ogni suono reclama l'attenzione. Le collaborazioni divengono più esplicite fino ad avere – per la prima volta nella discografia di Mengoni – la presenza di un'altra voce, quella di Giuliano Sangiorgi, nel brano da lui firmato. 
L'unico brano in inglese, scritto da Sia Furler, è reso da Marco con una così intensa partecipazione da renderlo impensabile cantato da chiunque altro

Quanto 1UNO/di2DUE era complessivamente raffinato e vocalmente equilibrato, 2DUE/di2DUE è speziato e sorprendente. Come dice nella sua canzone-manifesto, Marco si sente libero anche di gridare e di rappare per esprimere l'urgenza di salvaguardare la sua capacità di amare, di dirne quattro a chi resta indifferente o di far trattenere qualcosa di indefinito tra le dita di chi ricorda un amore passato. Quindi autore, interprete e regista di mille situazioni diverse, tante quante sono quelle della vita che un giovane artista si trova a percorrere. 

Tra qualche mese tutto l'intero progetto ParoleInCircolo suonerà live nell'attesissimo tour che Mengoni terrà in primavera. 

Come dice Marco stesso nelle note di #LeCoseCheNonHo: «Sempre in continua ricerca di qualcosa. In movimento e in mutamento di me stesso e di ciò che mi sta intorno». 
E anche questa frase è già musica.

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